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Landtǫkum, la presa in possesso della terra
Infatti in passato, soprattutto durante gli insediamenti in Islanda e nelle isole Fær Øer, era usanza comune proclamare il possesso della propria terra (come in comune in altri riti politeisti europei e non solo) definendone i confini camminandovi col fuoco.
Tradizionalmente ciò avveniva con le torce infuocate:
«Il goði Jǫrund, figlio di Hrafn Heimski, si insediò ad ovest di Fljót, nel luogo ora chiamato Svertingsstadir; lì costruì un gran tempio. Rimase un piccolo lembo di terra non proclamato ad est di Fljót, tra il fiume Krossá e Jǫldustein; Jǫrund vi si recò e ci girò intorno con una torcia, così facendo dichiarandone proprietà del tempio.» (Landnámabók V, cpt. 3)
Ci sono tuttavia anche casi di frecce infuocate scoccate:
«Onund il Saggio prese terra nella valle di Merkigil. Quando Eiríkr da Goddalir dichiarò di volersi insediare nella valle ad ovest della sua, Onund consultò le rune divinatorie con un blót per sapere quando Eiríkr fosse effettivamente giunto a reclamare la terra. Così facendo Onund lo precedette, e scoccò una freccia infuocata aldilà del fiume, così facendo prendendo possesso anche della valle ad ovest di esso e vi dimorò anche.» (Landnámabók III, cpt. 8)
Nel culto moderno, la pratica più comune è quella di usare candele, o, dove permesso, torce.
È tuttavia fondamentale la presenza di testimoni al landtǫkum, come riportato:
«Oddr cavalcò fino ad una casa che era stata bruciata anche se non del tutto. Egli infilò la mano tra i tizzoni ardenti e tirò fuori una ramazza di betulla e cominciò a girare in senso antiorario con la ramazza infuocata intorno alla casa e disse: “Mi insedio in questa terra, dacché non ne vedo alcun proprietario vivo; che i testimoni presenti lo sentano”. Dopodiché salì a cavallo e se ne andò.» (Saga di Hænsa-Þóri, 9)
È inoltre possibile dedicare la terra od una porzione di essa ad una particolare divinità.
«Asbjǫrn Reyrketilsson e suo fratello Steinfinn presero terra al di sopra del fiume Krossá, ad est di Fljót […] e Asbjǫrn consacrò la sua terra a Þórr, chiamandola Þórsmǫrk.» (Landnámabók V, cpt. 2)
I Landvættir, gli spiriti del terreno
I Landvættir sono gli spiriti guardiani delle terre; in questa loro funzione sono analoghi alle Dísir e agli Hamingja, che sono spiriti guardiani famigliari e individuali (sto usando la parola “spiriti” perché “esseri semi-divini a metà tra il nostro mondo e quello non visibile concretamente” è lungo e non sarebbe nemmeno completamente appropriato). La bontà della terra è direttamente legata alla buona volontà e la presenza di Landvættir favorevoli.
«Era tra le leggi fondamentali etene che gli uomini non si recassero con una drekir con una testa incisa sulla prua in mare aperto, o, se dovevano farlo, avrebbero dovuto togliere la testa dalla prua appena avvistata la terra, e avvicinandosi non avrebbero dovuto mostrarla né fare forti rumori, in modo da non disturbare o spaventare i Landvættir.» (Landnámabók IV, cpt. 12)
È anche possibile attaccare un nemico agendo contro i Landvættir presenti nella sua terra:
«E quando furono pronti ad esiliare Egill su un’isola, egli prese un palo appuntino e si recò su uno scoglio, volgendosi verso la terraferma. Prese la testa di un cavallo e la legò alla cima del palo; e disse le seguenti parole: “Qui erigo questo palo come maledizione, e volgo questa maledizione contro re Eiríkr e regina Gunnhildr”. Girò la testa del cavallo facendole puntare la terraferma. “Volgo questa maledizione contro gli spiriti guardiani che dimorano in questi terreni, cosicché essi se ne vadano, e che nessuno di essi trovi pace o nuova terra finché non abbiano scacciato re Eiríkr e regina Gunnhildr dalla terra”. Conficcò dunque il palo a fondo in una spaccatura dello scoglio, in modo che rimanesse; e vi incise rune acciocché chiunque ne potesse leggere la maledizione. Dopodiché salì sulla nave e salpò.» (Saga di Egill, 60)
(Sì, questo è il principio nonché la fonte scritta dei niðstangir).
Infine, sebbene i Landvættir siano associati alla terra, è possibile che una persona particolare diventi loro simpatica e che essa possa godere della loro bontà:
«Bjǫrn una notte sognò che un Landvættir veniva da lui e gli offriva di entrare in diretta collaborazione con esso, ed egli accettò. Dopo di ciò un montone venuto dal nulla si insediò tra le sue capre, ed essere si riprodussero così tanto che egli diventò ricco in breve tempo. Per questo fu chiamato anche Bjǫrn il Montone. Un uomo che vedeva aldilà del nostro mondo vide che tutti i Landvættir seguivano Bjǫrn il Montone all’assemblea (þing), e i suoi fratelli Þorstein e Þórð nella caccia e nella pesca» (Landnámabók IV, cpt. 12)
Fonti
Le traduzioni sono mie direttamente dal norreno.
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